Il coach si confessa: sono dipendente dal cellulare!

Molte persone danno per scontato che chi svolge lavori come il mental coach debba essere una persona irreprensibile, in perfetta forma psico-fisica, piena di energia, immune da vizi e difetti. E da dubbi. Ma la perfezione lasciamola alla complessità di una conchiglia o alla bellezza di un paesaggio. Siamo uomini, anche noi!

La differenza con una persona “comune” sta semmai in una auspicabile capacità di auto-analisi superiore alla media, nell’abilità di applicare a sé stessi con efficacia le ricette di miglioramento che talvolta capita di consigliare agli altri, amici compresi.

Da tempo avevo un problema col tempo. Le mie giornate 2017 erano piene, ricche di stimoli, ma arrivato a sera mi rendevo conto che non ero riuscito a fare tutto quello che mi proponevo di fare. Un brutto affare per un coach, non c’è che dire!

La gestione del tempo è una questione complicata per molti di noi. Vengono addirittura organizzati corsi per insegnare alle persone come gestire il proprio tempo. Un classico esercizio è quello di calcolare quante sono le ore in una settimana (168) e da queste sottrarre le ore impiegate con il lavoro, il sonno, l’igiene personale… fino a scoprire che ciascuno di noi avrebbe tantissimo tempo libero a disposizione, se lo sapesse usare.

Anche io, facendo quell’esercizio, ho scoperto di quanto tempo potevo beneficiare. Eppure il conto non tornava: tante ore a mia disposizione e risultati al di sotto dei miei obiettivi.

A volte la verità è davanti ai nostri occhi, riflessa nello specchio, solo non la vogliamo vedere. Qualche settimana fa ho capito di avere sviluppato una dipendenza: quella dal cellulare. Non che non lo sapessi già ma, come è tipico nelle dipendenze, comprese quelle classiche da fumo, droga e alcool, anche questa tende a peggiorare nel tempo. Possiedo uno smartphone dal dicembre del 2013. E quattro anni dopo questa dipendenza ha raggiunto il suo apice. Ecco come.

2017
– al mattino la primissima cosa che faccio appena alzato è accendere il cellulare e consultare gli aggiornamenti di Facebook, Whatsapp, Linkedin e Instagram
– quando sono in casa, prendo in mano il cellulare e inizio a cazzeggiare su Facebook e Whatsapp per decine di minuti, a volte per ore
– quando sono fuori di casa, lo tiro fuori dalla tasca in continuazione, lo consulto con frenesia, non voglio perdermi l’ultimo inutile aggiornamento di Facebook. Rinchiudo tutta la mia attenzione in quel piccolo schermo.

Il dolore, come insegna la filosofia di ogni tempo, è uno degli stimoli più potenti dell’azione umana. Settimana dopo settimana ho realizzato che tutto questo uso dello smartphone mi provocava fastidio, sofferenza, perché mi disconnetteva dalla realtà e in definitiva da me stesso, dalla mia vita.

Ho iniziato a notare negli altri, con fastidio, lo stesso vizio che possedevo io.

Il clou è stato sabato scorso 6 gennaio, dopo cena, quando insieme al mio amico Fritz sono andato al bowling. Stavamo parlando e lui continuava ogni 3-4 minuti a consultare lo smartphone, a messaggiare con Whatsapp. Un po’ parlava con me, un po’ mi ignorava. Mi chiedevo se fosse una cosa importante. Capivo che il problema era prima di tutto mio.

La dipendenza dal cellulare. L’ansia di consultarlo in continuazione. La speranza che si accenda quello stupido numero rosso accanto alla app.

In un crescendo ossessivo-compulsivo di ricerca di gratificazioni immediate. Come ha anche recentemente affermato un insospettabile come l’ex vicepresidente di Facebook, Chamath Palihapitiya (link al video):

Gli stimoli di feedback a breve termine, basati sulla dopamina, che abbiamo creato, stanno distruggendo il modo in cui la società funziona. Nessuna coscienza civile, nessun senso di cooperazione… Organizziamo le nostre vite attorno a questo senso di perfezione percepito, perché siamo premiati da questi impulsi a breve termine: cuoricini, like, pollici in su… e confondiamo tutto questo con i valori, e confondiamo tutto questo con la verità.

Chamath Palihapitiya verso la fine del video arriva addirittura a definire questa nuova tecnologia come merda. E afferma di aver deciso di non farla usare ai propri figli. La stessa cosa, del resto, voluta per i propri figli da Steve Jobs e da altri imprenditori della Silicon Valley (vedi articolo qui).

Vi racconto quale esperimento hanno effettuato all’Università di Austin: sono stati sottoposti a test di intelligenza 520 studenti universitari. L’unica variabile nell’esperimento è stata la posizione degli smartphone nei soggetti. Alcuni studenti avevano il telefono sulla scrivania in bella vista. Altri lo avevano in tasca o in borsa. Altri ancora hanno dovuto lasciare il telefono in una stanza diversa. Risultato: i punteggi peggiori li hanno fatti coloro che avevano il cellulare sulla scrivania, i punteggi migliori li hanno ottenuti coloro che hanno lasciato altrove il cellulare. (link all’esperimento)

Come è riportato nell’abstract di questo studio:

Results from two experiments indicate that even when people are successful at maintaining sustained attention—as when avoiding the temptation to check their phones—the mere presence of these devices reduces available cognitive capacity.

Le nostre abilità mentali vengono rallentate o diminuite anche solo dalla presenza vicino a noi di un cellulare. E non avevamo certo bisogno di questo esperimento di Austin e di mille altri per scoprirlo, perché in fondo al cuore lo sapevamo già! Di istinto, o per esperienza vissuta.

La dipendenza da cellulare è particolarmente subdola perché, a differenza di altre dipendenze classiche, non è immediatamente riconoscibile, spesso si sviluppa in modo graduale, senza che ce ne rendiamo subito conto. E, come abbiamo appena visto, impatta in modo drammatico sulle nostre capacità cognitive, sulla nostra attenzione e, come se non bastasse, sul nostro tempo e sulle nostre relazioni.

Con questo non voglio demonizzare gli smartphone, le chat e i social, perché è ovvio riconoscerne una certa utilità, nel lavoro come nel tempo libero.

Ma gli smartphone, se usati in eccesso, creano dipendenza. E causano rimbambimento.

Gli smartphone sono come l’alcool.

Non me ne sono reso conto da subito, e ne ho subìto tutti gli effetti. Forse avrei dovuto capirlo prima, ma la nostra vita è fatta anche di sbagli, di omissioni, di cadute.

Anche questa esperienza mi servirà.

E se sono stato capace di riconoscere di avere un problema, allora troverò anche una mia soluzione.

L’inizio del mio risveglio è avvenuto nelle ultime settimane. Quando ho deciso di uscire di casa senza cellulare, ove possibile. In tutte queste occasioni è successo qualcosa di magico. Ero lì. Capivo all’istante quello che avevo perso.

Bologna

IDEE UTILI

Trattandosi di un problema complesso non possono esistere soluzioni efficaci e valide per tutti. All’inizio della mia personale battaglia contro la dipendenza da smartphone ho però trovato utili queste azioni:

  1. evitare quanto possibile di navigare sul cellulare quando si è in compagnia di altre persone
  2. spesso ci perdiamo nel cellulare quando siamo da soli. Chiedersi se lo si sta facendo per una qualche utilità pratica, per distrarsi oppure per sfuggire dalle nostre responsabilità
  3. provare talvolta a lasciare a casa il cellulare, specie quando si esce la sera o nel tempo libero
  4. tenere il cellulare spento di notte

Ho trovato su YouTube un video simpatico ed efficace sulla dipendenza da smartphone, realizzato da Frall 97: vi consiglio di guardarlo per scoprire ulteriori soluzioni:

CONCLUSIONE

Caro cellulare, non ti caccio via, stai tranquillo

Anzi, rilassati, perché da oggi molto spesso resterai spento
E non sarai più il mio primo pensiero al risveglio
E spesso uscirò di casa senza di te
E in casa ti userò con moderazione

Caro cellulare, per 4 anni sei stato il mio padrone

Adesso basta.

cellulare, dipendenza, smartphone, tempo

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Caro frenz,
    Ho letto questo articolo con molto interesse, perché dopo diversi anni che ho la fortuna di conoscerti, se ti devo trovare un difetto, è proprio quello, e te l’ho sempre fatto notare, soprattutto quando eravamo solo io e te, perché in quel caso sono obbligato a stare zitto e a guardare in su.. poi è chiaro che se messaggi per motivi importanti non si tratta di dipendenza, ma di necessità.. infatti quello che mi da più fastidio è quando una persona di fronte a me scorre la bacheca di Facebook o le foto di Instagram, perché è una cosa che può sempre fare a casa..
    altri invece scorrono il dito talmente veloce che sembra debbano eseguire una sorta di rituale..
    il consiglio che mi permetto di dare a te, e a tutti quelli che vivono sugli smartphone, è di evitare di lasciare il telefono spento o di uscire senza,
    per due motivi:
    1) è come se una persona di 140 chili si imponesse di mangiare un’insalata al giorno.. dopo un po’ riprenderebbe a mangiare..
    2) non bisogna demonizzare i cellulari, ma l’uso che se ne fa

    Pure io avevo questa dipendenza e ho incominciato a fare così:
    quando sono con altre persone lo lascio acceso, ma non lo tiro mai fuori.. ed è già tantissimo perché io non spreco mai un secondo quando condivido il mio tempo con gli altri..
    una volta che ho raggiunto questo obiettivo ho cercato di limitare la dipendenza quando sono a casa da solo, e qui mi fermo a dare consigli perché sono ancora vittima di queste droghe legali.

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    • Francesco Relandini
      19 Febbraio 2018 20:08

      Dici bene Nazionale, molte volte ammetto di essermi mal comportato quando eravamo insieme, e talvolta ho consultato il cellulare per autentiche sciocchezze.

      Non dico che i cellulari siano da demonizzare, dico che sono pericolosi perché creano una dipendenza di cui ci si rende poco conto, ma potenzialmente devastante per la vita di una persona. Qualcosa che ti rende meno umano, ecco.

      Come coach sono dell’idea che ognuno debba trovare la strategia giusta per uscire eventualmente da questa dipendenza. Io per esempio amo uscire di tanto in tanto senza cellulare perché mi fa stare bene, mi dà gioia, mi riconnette col mondo. Ma ognuno deve trovare la sua strada. Il fatto che tu tenda a tenerlo in tasca quando sei con gli altri – e posso testimoniare che è vero – è già un gesto grandioso che tu fai, quindi avanti così!

      Rispondi

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